mercoledì 22 ottobre 2014

"Dottore, sarà normale?"

 
E' la domanda più frequente che uno psicologo si sente fare. La domanda che più di ogni altra esprime da una parte, il desiderio di comportarsi in maniera normale, dall'altra la paura che il proprio comportamento non sia normale.
Ma nornale, nel linguaggio comune assume un significato che oscilla tra "sano di mente", "uguale agli altri", "senza fragilità", ecc. Quindi la domanda posta vuol dire: "Dottore mi dica se sono malato di mente, se sono simile agli altri, se il mio comportamento è sano, se mi devo preoccupare...". E' evidente che ad una domanda di questo tipo non si può rispondere. Primo, perchè se uno è malato di mente non capirebbe se io gli dicessi che è malato di mente. Secondo, perchè nessuno è simile a qualcun altro, quindi ogni confronto è fuorviante. Terzo, perchè un comortamento non è normale o anormale in assoluto, ma solo in riferimento a qualcos'altro. Quarto, perchè la misura della nostra salute mentale non sta nella statistica, e cioè in quale percentuale noi ci discostiamo dal comportamento medio di un gruppo di riferimento.
All'università, quelle pochissime volte che ci sono stato (preferivo studiare per conto mio),ricordo come un incubo quelle lezioni in cui un professore si divertiva a farci rompere la testa sul discorso della normalità. E dopo averci esaurito dimostrandoci che il concetto di normalità in psicologia non aveva molto senso ci lasciava alla fine senza averci dato la chiave della soluzione. Ora, alla luce dell'esperienza e della maturata conscenza delle persone, credo di poter dire che la chiave non ce la forniva semplicemente perchè da bravo scienziato positivista-marxista qual'era non poteva concepire la soluzione, che stava al di là delle sue categorie. Il problema però, è che questo professore era in buona copmpagnia, e molti altri colleghi sapevano solo dire cosa non era la normalità, ma nessuno si azzardava a dire cos'era.
Io non sono uno scienziato positivista marxista, nè tanto meno professore universitario, ma un semplice artigiano della psicoterapia, penso, e non per esserci arrivato da me, ma grazie all'esperienza di tanti pazienti e a mille aiuti, che la chiave della normalità ci sia.


Noi realizziamo la nostra identità e viviamo con pienezza usando la capacità di agire da persone libere. Coscienti di noi stessi e capaci di decidere nel rispetto del sistema sociale di cui facciamo parte, ma anche con quel giusto spirito critico che ci rende coerenti con i nostri principi, sviluppiamo quella "normalità", che è la salute. Chi soffre di disturbi psicologici è una persona che ha uno spazio di libertà ridotto a causa di limitazioni derivanti da blocchi dello sviluppo psichico, da traumi, da educazione sbagliata, ecc. Ma la "normalità" assoluta, come la salute assoluta, è un progressivo avvicinamento ad un ideale che non si finisce mai di possedere interamente, è libertà che tende all'infinito. Perciò la salute è dinamica, mai acquisita del tutto, è in qualche modo un "Lavoro in corso" per strappare al caos un sempre maggiore spazio di libertà, quindi di ordine, dipendenza di giudizio alla luce di pricipi esterni. E' importante ricordarci che i nostri riferimenti per il giudizio devono essere esterni a noi. Uno schizofrenico o uno psicotico grave in fondo sono persone che hanno uno spazio di libertà nullo, in quanto completamente autoreferenziale, senza confronto con un'oggettività indipendente dal proprio io.
Essendo la normalità un cammino di indipendenza, i problemi di salute psicologica che si possono incontrare lungo la strada vanno visti – e curati – come osatacoli a questo cammino. Il terapeuta svolge bene il suo lavoro quando aiuta il paziente a rimuovere questi ostacoli e a fargli riprendere autonomamente il suo percorso, non offrendogli la propria strada, ma aiutandolo a correggere quelle scelte che lo hanno indirizzato su strade senza uscita.

Silvio Rossi, 2014 Tutti i diritti riservati

«In questo tempo di inganno universale, dire la verità è un atto rivoluzionario» (George Orwell)

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